Eccoci anche su youtube!!! un piccolo omaggio al blog!!
Versione italiano:
http://www.youtube.com/watch?v=tVCmQg0B2Vo&feature=related
versione inglese:
http://www.youtube.com/watch?v=wm_eCoAgT0c&list=FLvFJ3qQ53_iqCS7cpHYSaKA&feature=mh_lolz
Buona Visione!!
Storia Alternativa
Un altra storia, un altro futuro...
domenica 19 febbraio 2012
giovedì 16 febbraio 2012
Ingegneria all'avanguardia al tempo degli antichi
Ufficialmente i popoli dell'Europa e dell'Asia vennero in contatto con quelli delle Americhe solo a partire dal 1942. Eppure da un capo all'altro della Terra continuano ad affiorare le tracce di una remota civiltà globale particolarmente evoluta. Se mettiamo, per esempio, a confronto le mura megalitiche peruviane di Machu Picchu, le colossali teste dell'isola di Pasqua o le strutture di Sachsaywaman ( tutti luoghi del sud America) con le mura dell'Osireion egiziano di Abydo, ci accorgiamo subito delle incredibili analogie. In entrambi i casi, infatti, si tratta di costruzioni realizzate mediante l'uso di giganteschi blocchi irregolari estratti da cave che la maggior parte delle volte risultavano distanti dal sito centinaia o migliaia di chilometri. Macigni ricavati dalle pietre più dure e più pesanti al mondo, trasportati non si sa come attraverso vie impossibili per essere poi incastrati perfettamente tra loro senza l'uso di malta.
Il risultato lo possiamo ammirare ancora oggi tra i resti archeologici di queste meravigliose mura a "secco", dove le pietre risultano praticamente saldate tra loro con una tecnica ancora sconosciuta. I massi ciclopici così incastonati sono riusciti a resistere a tutti i danni prodotti dal tempo, comprese le scosse sismiche più devastanti: possedevano quindi caratteristiche di solidità e di resistenza notevolmente superiori a qualsiasi altra tecnica di costruzione moderna. Le pietre angolari di queste antiche costruzioni presentano poi delle caratteristiche davvero uniche, in quanto furono levigate e curvate fino a formare un angolo perfetto su un unico enorme blocco incassato magistralmente nel resto della costruzione. Teniamo presente che, se volessimo riprodurre mura del genere in epoca moderna, dovremmo ricorrere a tutte le ultime tecnologie con un dispendio enorme di capitali. Se pensiamo ai tempi in cui furono edificate queste mura ci rendiamo conto da subito che i tempi di attesa sarebbero stati incredibilmente lunghi, con anni e anni di massacrante lavoro solo per preparare ciascuna singola pietra. Ciò che più sbalordisce è che tali opere non sono solo eccezionalmente antiche, ma sono per giunta attribuite a popoli che non conoscevano neppure la ruota. Per altro, è del tutto pacifico ed evidente che lo stile di costruzione dell'Osireion non presenta alcuna analogia con le vicine strutture architettoniche risalenti al periodo di Sethi.
Rimane poi senza risposta l'annosa questione su come avrebbero fatto gli antichi Egizi e i popoli precolombiani a scoprire o a "inventare" la stessa misteriosa tecnica di costruzione (oggi ancora ignota e praticamente irriproducibile a costi sostenibili), se le due civiltà non vennero mai in contatto tra loro. Senza contare che, spostandoci nell'italica città di Alatri o nel sito archeologico greco di Delfi, riconosceremo ancora una volta la stessa enigmatica tipologia di ingegneria edilizia.
Il risultato lo possiamo ammirare ancora oggi tra i resti archeologici di queste meravigliose mura a "secco", dove le pietre risultano praticamente saldate tra loro con una tecnica ancora sconosciuta. I massi ciclopici così incastonati sono riusciti a resistere a tutti i danni prodotti dal tempo, comprese le scosse sismiche più devastanti: possedevano quindi caratteristiche di solidità e di resistenza notevolmente superiori a qualsiasi altra tecnica di costruzione moderna. Le pietre angolari di queste antiche costruzioni presentano poi delle caratteristiche davvero uniche, in quanto furono levigate e curvate fino a formare un angolo perfetto su un unico enorme blocco incassato magistralmente nel resto della costruzione. Teniamo presente che, se volessimo riprodurre mura del genere in epoca moderna, dovremmo ricorrere a tutte le ultime tecnologie con un dispendio enorme di capitali. Se pensiamo ai tempi in cui furono edificate queste mura ci rendiamo conto da subito che i tempi di attesa sarebbero stati incredibilmente lunghi, con anni e anni di massacrante lavoro solo per preparare ciascuna singola pietra. Ciò che più sbalordisce è che tali opere non sono solo eccezionalmente antiche, ma sono per giunta attribuite a popoli che non conoscevano neppure la ruota. Per altro, è del tutto pacifico ed evidente che lo stile di costruzione dell'Osireion non presenta alcuna analogia con le vicine strutture architettoniche risalenti al periodo di Sethi.
Rimane poi senza risposta l'annosa questione su come avrebbero fatto gli antichi Egizi e i popoli precolombiani a scoprire o a "inventare" la stessa misteriosa tecnica di costruzione (oggi ancora ignota e praticamente irriproducibile a costi sostenibili), se le due civiltà non vennero mai in contatto tra loro. Senza contare che, spostandoci nell'italica città di Alatri o nel sito archeologico greco di Delfi, riconosceremo ancora una volta la stessa enigmatica tipologia di ingegneria edilizia.
lunedì 13 febbraio 2012
Il sangue degli Dei
Come pochi sanno, la tipologia di sangue più diffusa in
Egitto era, ed è tuttora, il gruppo 0, fatto alquanto insolito. Lo stupore
aumenta se poi consideriamo che il gruppo A normalmente si accompagna al tipo
razziale di pelle chiara (o comunque caucasica) e che lo stesso risultato
clinico è stato ottenuto su alcune mummie Incas di alto rango sociale
conservate al British Museum di Londra, confermando l’esistenza di una
circostanza atipica, che
contraddistingueva entrambi i clan di queste popolazioni.
L’identificazione del gruppo sanguigno in resti umani così
antichi è stata possibile grazie alcune specifiche sostanze presenti in tutte
le cellule del corpo, persino sulle membrane dei globuli rossi e nei fluidi
organici dell’individuo. La natura di queste sostanze antigeniche le rende
inoltre resistenti alle modificazioni ambientali, permettendone
l’individuazione anche a notevole distanza di tempo dalla morte delle cellule
(persino nei resti scheletrici, nei denti, nei capelli e nei tessuti
mummificati da migliaia di anni).
Come già evidenziato, il gruppo sanguigno di tipo A
appartiene a un’etnia che secondo la storia convenzionalmente accettata non
poteva essere presente tra le popolazioni preispaniche del nuovo continente.
Tale anomalia, tuttavia, risulta essere stata condivisa dai membri della casta
dominante dell’antico Egitto e del Sudamerica
precolombiano. A tal proposito l’egittologo britannico Walter. B. Emery
condusse rivoluzionari studi che pubblicò nel 1961 nel volume Archaic Egypt. Le
sorprendenti conclusioni a cui egli giunse nella sua ponderosa opera riguardo
l’etnia dominante dei costruttori e l’era in cui questi si stabilirono in
Egitto si scontrarono subito con le obsolete teorie ortodosse di ottocentesca
memoria.
Horus |
Continuando nelle sue ricerche, Emery, analizzo mummie più antiche e scoprì che,
quelle contraddistinte dal gruppo sanguigno A, appartenevano tutte al lignaggio
regnante e che provenivano da un diverso ceppo raziale, di alta statura e dai
caratteri nordici. da ciò ne dedusse che il popolo colonizzatore, pur essendo
molto inferiore nel numero, fosse assai più progredito nelle scienze e che per
tale ragione fosse riuscito ad imporsi subito come stirpe reale sui popoli
autoctoni di diverse regioni del mondo.
I membri della nuova casta dominante devono aver poi cercato di preservare la
propria diversa identità raziale congiungendosi esclusivamente tra
consanguinei.
Sempre secondo gli studi “eretici” dell’egittologo Walter
Emery, la differenziazione etnica tra l’aristocrazia più civilizzata e la massa
del popolo originario rimase piuttosto netta nel corso dei secoli.
Canone Regio-Museo Egizio-Torino |
A supporto di questa tesi troviamo le tradizioni dei popoli
più antichi ed enigmatici del mondo, a cominciare da quelle precolombiane:
storie che seppur mitizzate e caratterizzate da sfumature narrative diverse,
tramandano tutte l’arrivo di un popolo civilizzatore razzialmente e
culturalmente diverso e dall’eccezionale grado di sviluppo tecnologico (i
cosiddetti dei e semidei). E per quanto riguarda più specificatamente l’Egitto,
secondo il Canone Regio conservato al
museo egizio di Torino, la casta dominante da cui provenivano i faraoni sarebbe
appartenuta un tempo al popolo chiamato Shemsuhor,
ovvero i “compagni di Horus”. Costoro, secondo la tradizione egizia,
avrebbero regnato per 13400 anni prima dell’ascesa al trono di Menes, il re a
cui si deve l’unificazione dei regni. I misteriosi discepoli di Horus furono
infine descritti nelle antiche scritture come diretti discendenti di quelle
“divinità” che abitarono l’Egitto durante lo Zep Tepi (il tempo dell’inizio), un periodo precedente all’ultima
glaciazione (diluvio universale) e che corrisponde alla cosiddetta età del
Leone (circa 1200 anni or sono).
continua...
continua...
mercoledì 8 febbraio 2012
In quel tempo c’erano sulla terra i giganti
“Quando gli uomini
cominciarono a moltiplicarsi sulla faccia della terra e furono loro nate delle
figlie, avvenne che i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano
belle e presero per mogli quelle che si scelsero fra tutte. Il SIGNORE disse:
«Lo Spirito mio non contenderà per sempre con l’uomo poiché, nel suo
traviamento, egli non è che carne; i suoi giorni dureranno quindi centoventi
anni». In quel tempo c’erano sulla
terra i giganti, e ci furono anche in seguito, quando i figli di Dio si unirono
alle figlie degli uomini, ed ebbero da loro dei figli. Questi sono gli
uomini potenti che, fin dai tempi antichi, sono stati famosi. Genesi 6;4”
Sui cinque continenti,
molte leggende e racconti menzionano l´esistenza dei giganti già migliaia di
anni prima di Cristo. Sulle coste del bacino Mediterraneo, nel cuore
dell’America del Nord e del Sud, nel Tibet, in Oceania, tra i Tianhuanaco e gli
Eschimesi, i giganti sembrano aver lasciato altrettanti ricordi. Sovente, essi
spuntano dai tesori letterari dei poemi epici come quelli di Normandia. Antichi
poemi anglosàssoni raccontano che queste regioni erano un tempo abitate da
civiltà scomparse, da uomini di grande taglia. Questi giganti sarebbero stati
sfidati e vinti, in battaglie come quelle di Gog e Magog, da uomini di
corporatura normale. Alcune tradizioni raccontano anche che i primi giganti
erano buoni. Bellicosi ed aggressivi, alcuni divennero poi dei terribili
cannibali e costituirono presto una minaccia per loro stessi e per gli altri
uomini. La mitologia scandinava descrive l´esistenza di giganti a Utgard,
nemici dei giganti di Asgard. Gli Indiani raccontano dei fatti simili, per non
parlare della mitologia greca che trabocca di racconti dove giganti dalle forme
singolari incontrano degli uomini di taglia normale.
La Bibbia insegna con
molti dettagli che i giganti appartengono a dei popoli pagani che praticano il
cannibalismo. Il passaggio relativo alle dodici spie inviate da Mosé per
esplorare il paese di Canaan è particolarmente esplicito. Di ritorno, essi
spiegano ciò che hanno visto: «Noi non saremo capaci di andare contro questo
popolo, perché è più forte di noi». Screditarono presso gli Israeliti il paese
che avevano esplorato, dicendo: «Il paese che abbiamo attraversato per
esplorarlo è un paese che divora i suoi abitanti; tutta la gente che vi abbiamo
notata è gente di alta statura; vi abbiamo visto i giganti, figli di Anak,
della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste
e così dovevamo sembrare a loro». (Numeri XIII, 31-33).
Gli Anachiti abitano a
Hébron, come pure i figli di Anak, Ahiman, Sesaï e Tholmai. è il caso di
sottolineare che Hébron non è il nome originale di questa città… Il Libro dei
Giudici I, 10 scrive: «Giuda marciò contro i Cananei che abitavano a Ebron, che
prima si chiamava Kiriat-Arba, e sconfisse Sesai, Achiman e Talmai». Giacchè
Arba è il nome del padre dei giganti: gli Enachim. Su ordine di Dio, gli
Anachiti sono sfidati e sterminati dal popolo di Israele: «In quel tempo,
Giosuè si mosse per eliminare gli Anachiti dalle montagnea, da Hébron, da Dabir
e da Anab, di tutte le montagne di Giuda e da tutte le montagne di Israele;
Giosuè li votò allo sterminio con le loro città. Non rimase un Anachita nel
paese dei figli di Israele; solo ne rimasero a Gaza, a Gat e ad Asdod» (Giosuè
XI, 21-22). Come i Refaïm, gli Emim sono una temibile razza di giganti che
troviamo anche in Genesi XIV, 5 e Deuteronomio II, 10. Le traduzioni moderne
della Bibbia non forniscono alcun dettaglio sulla loro taglia. Bisogna riportarsi
ai Settanta, la versione greca dell´Antico Testamento .
La Bibbia attribuisce
parecchi discendenti ai Réphaïm. Uno di loro si chiama Jesbi-Benob. Ha una
lancia molto pesante: «I Filistei mossero di nuovo guerra ad Israele e Davide
scese con i suoi sudditi a combattere contro i Filistei. Davide era stanco e Isbi-Benòb,
uno dei figli di Rafa, che aveva una lancia del peso di trecento sicli di rame
ed era cinto di una spada nuova, manifestò il proposito di uccidere Davide…»
(II Samuele XXI, 15-16). Il primo Libro delle Cronache XX, 5, descrive un´altra
lancia molto grande: «Ci fu un´altra guerra con i Filistei, nella quale Elcanan
figlio di Iair uccise Lacmi, fratello di Golia, di Gat, l´asta della cui lancia
era come un subbio di tessitore» e «Dall´accampamento dei Filistei uscì un
campione, chiamato Golia di Gat; era alto sei cubiti e un palmo. Aveva in testa
un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di
cinquemila sicli di bronzo. Portava alle gambe schinieri di bronzo e un
giavellotto di bronzo tra le spalle. L´asta della sua lancia era come un subbio
di tessitori e la lama dell´asta pesava seicento sicli di ferro; davanti a lui
avanzava il suo scudiero» (I Samuel XVII, 4-7). Nelle misure attuali, il
gigante Golia misurava 3,12 metri, la sua corazza pesava tra 55 e 80 kg. e le punte
della sua lancia tra 6,6 e 9,6 chili.
L´Antico Testamento descrive un gigante
che ha sei dita per mano e per piede: «Ci fu un´altra battaglia a Gat, dove si
trovò un uomo di grande statura, che aveva sei dita per mano e per piede, in
tutto ventiquattro dita: anch´egli era nato a Rafa» (II Samuele XXI, 20). Lo
stesso passaggio è ripreso in I Cronache XX, 6. Il Re Og, uno dei re Amorrei:
«Perché Og, re di Basan, era rimasto l´unico superstite dei Refaim. Ecco, il
suo letto, un letto di ferro… è lungo nove cubiti secondo il cubito di un uomo»
(Deuteronomio III, 11). Egli farà parte dei re vinti il cui territorio sarà
occupato dai figli d´Israele (Giosuè XII, 4).
In Numeri XXI, 33 si menziona
ancora il gigante Og. Battuto da Mosé e dal popolo d´Israele nella battaglia di
Edraï, regnò su Ashtaroth che comprende la regione di Argob e sessanta città
fortificate protette da alte mura. «Mosè aveva dato una parte a metà della
tribù dei figli di Manàsse, secondo le loro famiglie ed essi ebbero il
territorio da Macanaim, tutto il Basan, tutto il regno di Og, re di Basan, e
tutti gli attendamenti di Iair, che sono in Basan: sessanta città. La metà di
Gàlaad, Astarot e Edrei, città del regno di Og in Basan furono dati ai figli di
Machir, figlio di Manàsse, anzi alla metà dei figli di Machir, secondo le loro
famiglie» (Libro di Giosuè XIII, 29–31). Og, al presente, resta il solo della
razza dei Refaim dopo il Diluvio (Deuteronomio III, 11
Figli di Dio = Angeli,
che successivamente sono stati giudicati da Dio per il loro gesto, e vengono
chiamati angeli decaduti.
Possiamo porci la domanda sulla natura degli angeli
decaduti a potere procreare e di conseguenza a poter generare una razza di
giganti empi. Secondo il Nuovo Testamento, gli angeli sono asessuati: «Alla
risurrezione infatti, non si prenderà né moglie né marito, ma si sarà come
angeli nel cielo» (Matteo XXII–30). Ma il passaggio «I figli di Dio videro che
le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero»
(Genesi VI–2) lascia intendere che si tratta di unioni durature, dunque di
matrimoni tra la discendenza di Caino e quella di Seth, l´una empia, l´altra
devota, e fin qui totalmente separate. L´espressione «figli di Dio» si
riferisce a tutti i credenti e l´espressione «figli degli uomini» a tutti gli
empi, senza allusione alla loro origine naturale. Qualunque sia
l´interpretazione, è certo che Satana si sforza di corrompere la razza e di
impedire la venuta del Messia per riscattare l´uomo. Ma Dio risparmia un resto
fedele: «Ma Noè trovò grazia agli occhi del Signore» (Genesi VI–8) e si riserva
una stirpe di uomini credenti.
Le scoperte archeologiche sembrano confermare i
Testi Sacri della Bibbia.
Dimostrano chiaramente che i giganti hanno abitato la
terra e i suoi cinque continenti.
In Sud-America, nella Cordigliera delle
Ande, possiamo ammirare tra le vestigia della città di Tianhuanaco, delle
muraglie costruite con splendide pietre di sessanta tonnellate poste su dei
blocchi di gres di cento tonnellate. L´insieme, malgrado l´erosione del tempo,
presenta una superficie liscia, come se una pialla avesse tolto ogni irregolarità.
A questo lavoro di un´incredibile precisione, si aggiunge l´incomprensione
relativa al trasporto di tali blocchi, estratti, secondo gli archeologi, da una
cava lontana 320 chilometri. Quali tecniche utilizzarono quei misteriosi
costruttori in un´epoca in cui, come per le piramidi d’Egitto, erano
sconosciute la leva e la ruota? Gli indiani che abitano questa regione delle
Ande, dicono che la città di Tianhuanaco è stata costruita prima del Diluvio da
una razza di giganti che viveva a contatto degli uomini.
Degli scavi hanno
permesso di estrarre dei resti di ossa, di crani e di scheletri di uomini alti
tre metri. Ma la scoperta più prestigiosa ed affascinante, è quella di gallerie
sotterranee lunghe chilometri e che portano a maestose sale grandi come hangars
di aerei. Gli indiani spiegano che questi sotterranei percorrono una grande
parte dell´America del Sud. Recenti investigazioni sembrano attestarlo. è stato
scoperto un accesso chiuso da una lastra in pietra alta 8 metri, larga 5 e
spessa 2,5. Quando questa porta potè essere aperta, gli archeologi si accorsero
che ruotava su delle biglie in pietra mosse da un sistema idraulico.
All´interno, il suolo e le pareti sono perfettamente lisci. In un grande
locale, c´erano delle sedie e dei tavoli fabbricati con un materiale
sconosciuto. Alcune di queste opere erano ornate da sculture in oro puro
rappresentanti delle scimmie, dei felini, degli elefanti e dei dinosauri. Tali
prodigi architettonici ed artistici dimostrano che le civiltà antiche
dominavano perfettamente queste tecniche sorprendenti.
In Perù, nell’antica
città di Ollantaytambo, si possono ammirare dei blocchi di pietra scolpita alti
3,5 e 5 metri e provenienti certamente da un´antica cava localizzata a 11
chilometri. Sempre in Perù, possiamo ammirare la celebre fortezza ciclopica di Sacsehuaman
che si erge su una collina che domina la città di Cuzco. Uno dei suoi muri
misura 20 metri di altezza. Fu eretta al tempo degli Incas, probabilmente per
iniziativa di Pachacutec e su disegno del suo architetto Huallpa Rimachi.
L’opera fu proseguita sotto il regno di Tupac Inca Yupanqui, e forse compiuta
sotto quello di Huayna Capac. Si pensa che lavorarono alla sua costruzione per
60 anni da 20 a 30.000 uomini. Questa fortezza è composta da tre bastioni
paralleli, lunghi 600m, disposti a zig-zag, che sono costituiti da blocchi
monolitici (di cui il più grande misura 9m di altezza, 5 di larghezza e 4 di
spessore, per un peso di circa 350 tonnellate) perfettamente uniti e incastrati
uno nell´altro. Le mura di cinta, che misurano circa 360m di lunghezza, sono
collegate da scale e da porte trapezoidali. La tecnica utilizzata per
trasportare e assemblare tali massi resta un mistero.
In un moseo dePerù
esposte 15.000 pietre incise risalenti ad un periodo antidiluviano, secondo le
analisi del Dr. Cabrera Darquea. Su alcune di queste, si vedono dei dinosauri e
degli uomini, mentre altre mostrano dei chirurghi che effettuano un´operazione
al cuore, delle rappresentazioni stellari o su svariati argomenti che hanno
attinenza ad altre conoscenze scientifiche.
Nel 1945, nella città
messicana di Acambaro, il ricercatore tedesco Waldemar Julsrud fa una scoperta
inattesa. Ai piedi della Sierra Madre, disseppellisce 32.000 ceramiche di uno
stile completamente sconosciuto, rappresentanti dei cammelli, dei rettili, dei
volti umani ed perfino dinosauri. Parecchi specialisti della preistoria,
incuriositi da queste strane amalgame che contraddicono tutta la teoria del
darwinismo, delle datazioni e della scomparsa dei dinosauri, hanno dunque
sottoposto questi segreti della storia a numerosi studi. Stupore! Emerge che la
realizzazione delle ceramiche di Acambaro è autentica e verosimilmente vicina
al periodo del Diluvio. é la ragione per la quale queste vestigia, che
contraddicono con forza la versione ufficiale dell´archeologia, devono restare
nel segreto del convenzionale, dello scientificamente corretto. La loro
divulgazione screditerebbe i diktat della scienza contemporanea, cioè quelli
dei clan dei finanzieri. Quindi non fu più rivolto verso quei veri tesori
nessun interesse. Poteva del
resto essere altrimenti? Quando si nega Dio, si
nega Tutto!
Dall´altro lato dell´oceano Atlantico, cioè sulle isole che
bordano la Gran Bretagna, e dalla Svezia all´isola di Malta, lungo le coste
della parte ovest del continente europeo, i giganti hanno lasciato
indiscutibilmente numerose e preziose testimonianze del loro passaggio.
Degli
enigmatici cerchi, dei templi sontuosi, sono stati edificati su colline e
foreste. I siti megalitici più conosciuti sono quelli di Carnac in Bretagna e
di Stonehenge in Inghilterra, dove alcuni megaliti arrivano a più di 30
tonnellate. Provengono dalle montagne gallesi di Prescelly, distanti 350
chilometri. A dispetto del loro peso, questi megaliti formano un cerchio
perfetto, come se un compasso a scala astronomica ne avesse tracciato le
circonferenze. C´è poi la costruzione di due cerchi concentrici costituiti da
«pietre blu» di 5 tonnellate ciascuna e importate anch´esse dal Galles.
L´erezione delle 80 «pietre blu» non è mai stata terminata. Di questo periodo,
stimato al 2100 a.C.
Nell´Oceano Pacifico, nell´Isola di Pasqua, le sue
immense statue di pietra hanno ispirato innumerevoli teorie che hanno fatto
scorrere l´inchiostro degli scrittori più immaginosi.
Tra le 600 statue
scoperte, dagli stili molto diversi, alcune pesano fino a 20 tonnellate e
misurano dai 4 ai 7 metri di altezza. Le ricerche dimostrano che la maggior
parte di queste statue, scolpite con un´enigmatica perfezione, proviene dai
versanti del vulcano Rano Raraku.
Nel Libano, il treno che va da Beirut a
Homs passa davanti alle rovine di Baalbek, a 1150 metri di altitudine. Sebbene
i Greci ed i Romani vi abbiano edificato dei templi sontuosi, queste rovine
composte da pietre colossali lunghe 20 metri e larghe 5, pesanti 2000
tonnellate, sono loro anteriori. Questo caso è unico al mondo. Perché mal si
immagina come una tecnica, per quanto avanzata, avrebbe permesso di trasportare
un blocco di 2000 tonnellate, mentre la cava di Baalbek è a un chilometro. Una
di queste pietre porta il nome di Hadjer-el-Gouble, (pietra del sud). Degli
scrittori arabi pensano che la città di Baalbek è stata costruita in onore
delle divinità Baal ed Astarte.
Le piramidi egiziane conducono agli stessi
interrogativi. La costruzione di Cheope ha richiesto 2.300.000 blocchi di
pietra che pesano fino a 15 tonnellate. Ignoriamo quale modo fu utilizzato per
trasportarli e come furono assemblati con tale precisione millimetrica. Dei
testi appartenenti alla tradizione copta spiegano che, su ordine del re Saurid,
la piramide di Cheope sarebbe stata costruita da una razza di giganti.
lunedì 6 febbraio 2012
Tracce di Atlantide, La Sfinge
Piana di Giza, La Sfinge, la più grande statua monolitica del mondo: lunga 73,5 metri, alta 20,22 metri e larga 6 metri di cui solo la testa è 4 metri.
Ufficialmente nasce intorno al 2500 A.C. per volere del faraone Chefren. Questa attribuzione deriva dalla stele posta tra le zampe della sfinge per ordine di Tutmosi IV, dove riporta, alla tredicesima riga, il nome di Chefren. C'e' da notare che non esiste nessun cartiglio vicino al nome del faraone Chefren, cosa invece in uso fare. Grazie a questa stele oggi gli storici danno ormai per assodato che la costruzione della sfinge sia opera di Chefren. Ma questa teoria, all'inizio, ebbe qualche problema a farsi accettare. La stele venne portata alla luce nel 1818. Gia' da subito, gli studiosi del tempo, identificarono Chefren come il restauratore della sfinge e non il costruttore. Nel 1904 il direttore del British Museum dichiaro' che la sfinge era molto piu' antica dell'era di Chefren. Gli stessi antichi egizi non la menzionano mai ne per indicarne la costruzione, ne per il valore simbolico religioso.
Un particolare importante e' che la sfinge nel 10.500 AC, all'alba, vedeva sorgere se stessa davanti alla costellazione del leone, questo perche', secondo lo zodiaco, quella era l'era del leone. Se prendessimo in considerazione questa teoria dovremmo ridatare la scoperta dello Zodiaco che secondo le attuali prove fu inventato dai Babilonesi intorno a 2000 A.C.
"Credo
che dallo studio della civiltà dell’antico egitto sorga spontanea una domanda
da dove venivano gli antichi egizi?
Ufficialmente nasce intorno al 2500 A.C. per volere del faraone Chefren. Questa attribuzione deriva dalla stele posta tra le zampe della sfinge per ordine di Tutmosi IV, dove riporta, alla tredicesima riga, il nome di Chefren. C'e' da notare che non esiste nessun cartiglio vicino al nome del faraone Chefren, cosa invece in uso fare. Grazie a questa stele oggi gli storici danno ormai per assodato che la costruzione della sfinge sia opera di Chefren. Ma questa teoria, all'inizio, ebbe qualche problema a farsi accettare. La stele venne portata alla luce nel 1818. Gia' da subito, gli studiosi del tempo, identificarono Chefren come il restauratore della sfinge e non il costruttore. Nel 1904 il direttore del British Museum dichiaro' che la sfinge era molto piu' antica dell'era di Chefren. Gli stessi antichi egizi non la menzionano mai ne per indicarne la costruzione, ne per il valore simbolico religioso.
Nella meta' dell'800 l'archeologo
Mariette portò alla luce una stele che narrava le imprese di Cheope, predecessore di
Chefren, ma una fra tutte in particolare attirò l'attenzione. Questa raccontava la scoperta di un tempio di Horus nei pressi della sfinge. Ora una domanda sorge spontanea, se Cheope ha
regnato prima di Chefren e la sfinge c'era gia', chi l'ha costruita?.
La Sfinge prende forma da un unico blocco monolitico intagliato, anche se la testa sembra essere stata modificata più recentemente dell'intera struttura. A proteggere, tale meraviglia, un muro di cinta composto da blocchi di pietra calcarea ,che raggiungono le 50
tonnellate, perfettamente allineate. A prima vista, anche la più inesperta nota subito che lo stato di erosione non è omogeneo in tutta la superficie della statua. Infatti si vede subito che lo
stato di erosione, della sfinge e del muro, e' molto piu' avanzato di qualsiasi
altro manufatto. Se mettiamo a confronto la sfinge con le tombe
reali a Saqqara, che gli egittologi collocano molto prima, si
nota che, sulle tombe, l'erosione è meno accentuata. Se si pensa, poi, che i mattoni
con la quale sono state costruite, sono mattoni a secco più antichi e molto più fragili, sembra impossibile datare La Sfinge al 2500 A.C.
Altro fatto, molto importante, è il tipo di erosione che contraddistingue questa meraviglia. Sembra, infatti, che la parte inferiore, della statua, e parte del muro di cinta siano stati erosi da un incessante flusso d'acqua, come se fossero stati esposti a una pioggia torrenziale o addirittura sommersi. Molti studiosi affermano che potrebbero essere state le piene del Nilo a sommergere parte della piana di Giza. Ma se cosi' fosse le acque dovevano
raggiungere circa 20 metri di altezza per lambire il collo, e molto probabilmente avrebbero coperto anche parte della piramide provocandone la medesima erosione che però non compare. Inoltre l'erosione della
sfinge dovrebbe partire dal basso, se consideriamo che la piena salga a partire dalla base,
ma cosi' non e', anzi e' esattamente il contrario. Alcuni geologi indipendenti
hanno provato che l'erosione della sfinge e' stata provocata da una abbondante
pioggia. Uno di questi fece una
prova, fotografo' la sfinge e ne fece una gigantografia, la copri' in modo da
non essere riconoscibile, lasciando una finestrella di una trentina di
centimetri aperta sul corpo che rendeva visibile solo una parte. A quel
punto chiamò geologi di fama nonche' docenti universitari e ricercatori e gli
chiese semplicemente, in base all'immagine che vedevano, cosa poteva aver provocato
quel tipo di danno. Dopo un attento esame tutti risposero che solo la pioggia,
avrebbe potuto fare quel tipo di danno. Quando alla fine scopri' l'immagine,
che rappresentava la sfinge, rimasero tutti senza parole. A quel punto
bisognava dare una collocazione temporale all' evento. Ma quando si e'
verificata una pioggia cosi' abbondante da erodere la pietra? Stiamo parlando
dell' Egitto dove, documentazione alla mano, da secoli si registra al massimo
un livello di 5cm di caduta all'anno. Con l'ausilio di un software hanno
scoperto che una precipitazione cosi copiosa si era verificata alla fine dell'ultima glaciazione e cioe' nel 10.500
A.C. A quel tempo nessun essere umano era in grado anche solo di pensare ad una
costruzione del genere. Ed eccoci al quesito più importante: Chi aveva costruito la colossale Sfinge?
12.500 anni, fermatevi un attimo a
pensare a quali implicazioni ha una scoperta del genere. Dovremmo riscrivere la
storia della nostra civilta'. Non e' facile da digerire. Storia, e archeologia,
quindi branchie della scienza, dovrebbero ammettere che tutto cio' che e' stato
studiato e insegnato e' sbagliato o comunque non del tutto giusto, e questo e'
inamissibile. La religione sarebbe scossa fino alle fondamenta. Non siamo
ancora in condizioni di assimilare una notizia del genere. Noi umani abbiamo
bisogno di certezze, non possiamo farne a meno, si destabilizzerebbe tutto.
Quante possibilita' ci sono che due civilta'
distanti millenni usino gli stessi metodi. Non ci sono eredita' storiche della
civilta' piu' antica quindi, nessun contatto. Quindi o lo zodiaco esisteva gia' all'epoca
degli antichi e i Babilonesi lo hanno semplicemente reintrodotto; magari dopo
aver scoperto manoscritti, dando linearita' alla teoria, ma nessun documento
parla' di ciò. Come dicevo all'inizio la testa umana della Sfinge è molto più piccola dell'intero corpo della statua. Tutto ciò inconcepibile poichè chi ha
costruito questo sito,l'ha fatto, con tanta perfezione e sembra irreale si sia perso dietro alla proporzione
testa corpo della sfinge. Un
investigatore dell' Fbi, esperto di morfologia umana, studio' le proporzioni
tra testa e corpo e alla fine dichiaro' che, secondo lui, l'attuale testa non era quella originale. Per avere una buona proporzione la testa doveva essere
circa 1/4, o poco meno, del corpo.
La leggenda narra che, quando la
sfinge era coperta dalla sabbia fino al collo, un principe si addormento' alla
sua ombra. In sogno udi la voce della sfinge che gli promise, una volta
liberata dalla sabbia, di farlo diventare faraone pur essendo il minore dei
fratelli. Il principe si sveglio' e si mise al lavoro. Piu' tardi, questo
principe, divenne il faraone che conosciamo col nome di Tutmosi IV.
Gli antichi egizi realizzarono le opere migliori in
totale assenza di un precedente processo evolutivo. All’improvviso crearono le
piramidi straordinarie, senza nemmeno il tempo di aver imparato a farlo,
sembrerebbe più un sapere ereditario che non uno sviluppo della conoscenza.
Negli antichi testi e nei registri egizi è scritto , molto chiaramente, che
tutta la conoscenza e le capacità erano state trasmesse al popolo d’Egitto
dagli Dei. C’era un tempo in cui gli Dei vivevano sulla terra, e avevano scelto
la terra d’Egitto come loro abitazione , e che furono loro a portare la
civiltà. Probabilmente questi Dei avevano sembianze umane o forse erano i superstiti
di una civiltà scomparsa." Graham Hancock
sabato 4 febbraio 2012
Baalbek, la città dei giganti
Baalbek, Libano, un incredibile mistero lasciato ai posteri chissà quante migliaia di anni fa, la sua lunghezza è di 22 metri, il suo peso è di circa 1200 tonnellate, in lingua araba essa è Hajjar el-Houble (La roccia della partoriente) per noi occidentali è detto Monolito. Per quanto ne sappiamo, è al momento, il più grande blocco di pietra lavorato della storia.
Un monolite è un ente geologico come una montagna, consistente di un unico blocco massiccio di pietra o roccia; oppure può essere un singolo pezzo di roccia piazzato come un monumento, o all'interno di esso.
Facendo un piccolo paragone, ma di grande effetto, pensiamo solo che questo monolite pesa tre volte di più del blocco, di pietra, più pesante (circa 400 tonnellate) della piramide detta di Cheope.
Per altro nessun egittologo è ancora riuscito a spiegare come gli antichi egizi, senza possedere strumenti d'acciaio, abbiamo potuto intagliare e levigare colossali blocchi di granito con una precisione maggiore di quella ottenuta ai giorni nostri nelle cave, come abbiano, poi, trasportato e assemblato in maniera così precisa senza lasciare spazio fra un masso e l'altro resta un altro mistero, ma di questo parleremo in un altro articolo.
Il nome Baalbek deriva etimologicamente dalla radice "Baal-", che ci riporta all'omonima divinità di origine semitica, legata ad El, che le era superiore. Se El simboleggiava l'eterno divenire, Baal era invece simbolo della materia e della caducità. Il luogo era consacrato anche all'altra dea Astarte, la dea madre, il cui culto comportava prostituzione e orge sacre. Il vero enigma di Baalbek è di natura architettonica e risiede nel cosiddetto "trilite", ovvero una parte della piattaforma, composta da tre grandi massi, ognuno dal peso di 800 tonnellate circa. Sicuramente i più grandi mai utilizzati per una costruzione sulla Terra. Questi dovettero essere issati da chissà quale forza o energia a un'altezza di almeno sei metri per poi essere posti su altre pietre, andando a formare questa enorme piattaforma.
Un monolite è un ente geologico come una montagna, consistente di un unico blocco massiccio di pietra o roccia; oppure può essere un singolo pezzo di roccia piazzato come un monumento, o all'interno di esso.
Facendo un piccolo paragone, ma di grande effetto, pensiamo solo che questo monolite pesa tre volte di più del blocco, di pietra, più pesante (circa 400 tonnellate) della piramide detta di Cheope.
Per altro nessun egittologo è ancora riuscito a spiegare come gli antichi egizi, senza possedere strumenti d'acciaio, abbiamo potuto intagliare e levigare colossali blocchi di granito con una precisione maggiore di quella ottenuta ai giorni nostri nelle cave, come abbiano, poi, trasportato e assemblato in maniera così precisa senza lasciare spazio fra un masso e l'altro resta un altro mistero, ma di questo parleremo in un altro articolo.
Il nome Baalbek deriva etimologicamente dalla radice "Baal-", che ci riporta all'omonima divinità di origine semitica, legata ad El, che le era superiore. Se El simboleggiava l'eterno divenire, Baal era invece simbolo della materia e della caducità. Il luogo era consacrato anche all'altra dea Astarte, la dea madre, il cui culto comportava prostituzione e orge sacre. Il vero enigma di Baalbek è di natura architettonica e risiede nel cosiddetto "trilite", ovvero una parte della piattaforma, composta da tre grandi massi, ognuno dal peso di 800 tonnellate circa. Sicuramente i più grandi mai utilizzati per una costruzione sulla Terra. Questi dovettero essere issati da chissà quale forza o energia a un'altezza di almeno sei metri per poi essere posti su altre pietre, andando a formare questa enorme piattaforma.
Alcuni esperti sostengono
che siano stati i Romani a costruire l'imponente terrazza, ma nessun imperatore
si è mai fregiato di aver compiuto un'opera così fantastica. E non vi è neppure
alcuna documentazione di tecniche romane in grado di spostare pietre del peso
di circa mille tonnellate. Di più, non vi sono prove di alcuna civiltà a noi conosciuta in grado di farlo.
La civiltà Araba
sosteneva che Baalbek apparteneva al leggendario re Nimrod. In base ad
un antico testo, Nimrod inviò dei giganti per ricostruirla dopo il
Diluvio (11.000 a.C. circa secondo la cronologia di Sitchin).
Ma altri
manoscritti associano Baalbek alla discendenza di Caino: fu proprio
quest'ultimo a costruirla come rifugio dall'ira di Yahweh.
Il patriarca Maronita
del Libano sostiene che:
<< La tradizione ci dice che la fortezza di Baalbek è la
costruzione più antica del mondo. Caino la costruì nell'anno 133 della
Creazione. Le diede il nome di suo figlio Enoch e la popolò con i Giganti che
erano stati puniti con il Diluvio per le proprie iniquità. >>
Come ogni evento o manifestazione, che la scienza non riesce a spiegare, questa diventa un mistero. L'unico mistero, per me, è la motivazione per cui storiografi e governi mondiali vogliano tenere celato alla massa le prove dell'esistenza di avanzate civiltà antidiluviane.
Qui sotto un piccolo spunto della puntata di Voyager:
giovedì 2 febbraio 2012
Mappa di Piri Reis
Nel 1929 nel palazzo imperiale Topkapi di Istanbul fu ritrovata una
mappa disegnata su pergamena, risalente al 1513 e firmata da Iri Ibn Haji
Memmed, un ammiraglio della marina turca noto con il soprannome di Piri Reis.
Questa
mappa, di documentata autenticità e notevole precisione riguardo a latitudine e
longitudine, rappresenta l’oceano Atlantico, parte della costa della Francia,
la Spagna, parte dell’Africa, le coste e parte dell’interno delle Americhe e
parte dell’Antartide.
La mappa presenta alcuni errori, che dimostrano come sia stata disegnata unendo diverse mappe più antiche, che raffiguravano con maggiore precisione aree geografiche circoscritte; ad esempio, il Rio delle Amazzoni è stato disegnato due volte. Si ipotizza che l’assemblaggio delle mappe più antiche sia avvenuto ad opera di geografi greci presso la biblioteca di Alessandria. Il centro della mappa, chiaramente incompleta, visto che in origine doveva trattarsi di un planisfero, si trova in Egitto, nei pressi di Syene, là dove il meridiano passante per Alessandria interseca il Tropico del Cancro. Nella mappa sono presenti aree geografiche che all’inizio del XVI secolo non erano ancora state esplorate: lo Yucatan, la cordigliera delle Ande, il Rio delle Amazzoni. In altri casi, come per quanto riguarda gli estuari dell’Orinoco, sembra che sulla mappa siano raffigurate caratteristiche geografiche corrette, ma risalenti a migliaia di anni fa. In particolare, la mapparappresenta una parte della costa e dell’interno dell’Antartide, senza il ghiaccio che attualmente ricopre quei territori. Si tratta della Terra della Regina Maud, raffigurata con un margine di errore di circa 60 miglia e posta ad una corretta longitudine e latitudine, se si tiene conto degli errori di cui sopra. È da notare che il continente antartico fu scoperto ufficialmente nel 1818, e cioè trecento anni dopo la realizzazione della mappa di Piri Reis, e che è ricoperto da uno strato di ghiaccio spesso centinaia di metri e formatosi a partire almeno dal 4.000 a.C., oltre seimila anni fa. In epoca storica, è stato possibile rilevare per la prima volta i contorni della costa antartica negli anni ’40 del XX secolo, ad opera di una spedizione scientifica britannico-svedese, tramite il metodo sismico a riflessione. Quella di Piri Reis non è la sola mappa antica a presentare delle anomalie degne di nota. La Mappa del Nord di Tolomeo mostra la Svezia meridionale coperta dai ghiacci, come doveva essere durante l’ultima era glaciale, circa diecimila anni fa. La mappa di Zeno del 1380 mostra la Groenlandia senza ghiaccio e la pone, insieme ad Islanda, Norvegia, Svezia, Danimarca, Germania, Scozia, Isole Shetland e Faroe alle corrette latitudine e longitudine. Le mappe di Oronteus Finaeus del 1532, di Gerhard Kremer, detto Mercatore, del 1538 e di Philippe Bauche del XVIII secolo raffigurano l’Antartide senza ghiaccio. La mappa di Hadji Ahmed del 1559 raffigura le coste americane sull’oceano Pacifico e un ponte di terra che collega l’Alaska alla Siberia, forse realmente esistito durante l’ultima era glaciale. La mappa di De Canerio del 1502 raffigura in modo molto preciso le coste occidentali e orientali dell’Africa, all’epoca ancora largamente inesplorate. La mappa di Iehudi Ben Zara mostra una baia alla foce del Guadalquivir, là dove attualmente è invece presente un grande delta, formatosi nell’arco di migliaia di anni, e presenta l’Inghilterra e l’Irlanda parzialmente coperte di ghiaccio, come dovevano essere durante l’ultima era glaciale. A proposito delle tecniche utilizzate nella realizzazione delle mappe sopra indicate, va ricordato che, in epoca storica, latitudine e longitudine possono essere calcolate con precisione soltanto a partire dal XVIII secolo.
La mappa presenta alcuni errori, che dimostrano come sia stata disegnata unendo diverse mappe più antiche, che raffiguravano con maggiore precisione aree geografiche circoscritte; ad esempio, il Rio delle Amazzoni è stato disegnato due volte. Si ipotizza che l’assemblaggio delle mappe più antiche sia avvenuto ad opera di geografi greci presso la biblioteca di Alessandria. Il centro della mappa, chiaramente incompleta, visto che in origine doveva trattarsi di un planisfero, si trova in Egitto, nei pressi di Syene, là dove il meridiano passante per Alessandria interseca il Tropico del Cancro. Nella mappa sono presenti aree geografiche che all’inizio del XVI secolo non erano ancora state esplorate: lo Yucatan, la cordigliera delle Ande, il Rio delle Amazzoni. In altri casi, come per quanto riguarda gli estuari dell’Orinoco, sembra che sulla mappa siano raffigurate caratteristiche geografiche corrette, ma risalenti a migliaia di anni fa. In particolare, la mapparappresenta una parte della costa e dell’interno dell’Antartide, senza il ghiaccio che attualmente ricopre quei territori. Si tratta della Terra della Regina Maud, raffigurata con un margine di errore di circa 60 miglia e posta ad una corretta longitudine e latitudine, se si tiene conto degli errori di cui sopra. È da notare che il continente antartico fu scoperto ufficialmente nel 1818, e cioè trecento anni dopo la realizzazione della mappa di Piri Reis, e che è ricoperto da uno strato di ghiaccio spesso centinaia di metri e formatosi a partire almeno dal 4.000 a.C., oltre seimila anni fa. In epoca storica, è stato possibile rilevare per la prima volta i contorni della costa antartica negli anni ’40 del XX secolo, ad opera di una spedizione scientifica britannico-svedese, tramite il metodo sismico a riflessione. Quella di Piri Reis non è la sola mappa antica a presentare delle anomalie degne di nota. La Mappa del Nord di Tolomeo mostra la Svezia meridionale coperta dai ghiacci, come doveva essere durante l’ultima era glaciale, circa diecimila anni fa. La mappa di Zeno del 1380 mostra la Groenlandia senza ghiaccio e la pone, insieme ad Islanda, Norvegia, Svezia, Danimarca, Germania, Scozia, Isole Shetland e Faroe alle corrette latitudine e longitudine. Le mappe di Oronteus Finaeus del 1532, di Gerhard Kremer, detto Mercatore, del 1538 e di Philippe Bauche del XVIII secolo raffigurano l’Antartide senza ghiaccio. La mappa di Hadji Ahmed del 1559 raffigura le coste americane sull’oceano Pacifico e un ponte di terra che collega l’Alaska alla Siberia, forse realmente esistito durante l’ultima era glaciale. La mappa di De Canerio del 1502 raffigura in modo molto preciso le coste occidentali e orientali dell’Africa, all’epoca ancora largamente inesplorate. La mappa di Iehudi Ben Zara mostra una baia alla foce del Guadalquivir, là dove attualmente è invece presente un grande delta, formatosi nell’arco di migliaia di anni, e presenta l’Inghilterra e l’Irlanda parzialmente coperte di ghiaccio, come dovevano essere durante l’ultima era glaciale. A proposito delle tecniche utilizzate nella realizzazione delle mappe sopra indicate, va ricordato che, in epoca storica, latitudine e longitudine possono essere calcolate con precisione soltanto a partire dal XVIII secolo.
Qui sotto video correlato.
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